mercoledì 13 ottobre 2010

Com’era il signor Senzatempo da bambino?

Quella che segue potrebbe sembrare una fiaba, ma non lo è. No, no.
Al contrario, è una storia vera.
Anche un po’ triste, se vogliamo.
Ma non vale la pena anticipare altro.
Sappiate solo che fu proprio in seguito a queste vicende che Virgilio Senzatempo decise di specializzarsi in irrealtà.

La finestra dei sogni

C’era una volta un bambino che sognava ad occhi aperti.
Si chiamava Senzatempo e aveva un solo desiderio nel cuore: volare via da tutto, salire sopra le nubi e guardare il mondo come se fosse un puntino innocuo e lontano, come se fosse possibile stringerlo in una mano.
È bellissimo sognare, specie nei momenti più impensati, ma l’ideale è senza dubbio farlo sui banchi di scuola, mentre la maestra parla e parla per ore e ore. Quanta noia, a volte!
Il bambino per un po’ ascoltava, ma poi ecco un cavaliere con lancia e armatura muoversi con sguardo fiero verso l’antro di un drago. Quante fiamme uscivano dalla sua enorme bocca! Tuttavia l’impavido paladino non si faceva intimorire e incedeva con sguardo spavaldo verso la spaventosa bestia, deciso a domarla. Già le era giunto dinanzi e aveva impugnato la spada...
“Senzatempo!” lo risvegliò la maestra. “Potresti, per favore, scendere dal banco e smetterla di agitare il righello nell’aria?”
Il piccino scese subito, mentre tutti i compagni sghignazzavano.
“È proprio matto, non c’è che dire!” commentò Saputello, il secchione della classe. “Guarda un po’ che figura!”
“Secondo me, invece, è coraggioso” protestò sottovoce Mediocre. “Almeno lui fa quel che pensa!”
“Silenzio! Tutti a pagina cinquantasei del libro di grammatica” disse la maestra, interrompendo la conversazione dei due compagni di banco. “Adesso vi spiegherò il superlativo assoluto.”
Che incredibile suono le parole superlativo assoluto. Sembravano rievocare mitiche gesta di eroi... Ed ecco Ulisse, incatenato all’albero maestro e senza tappi nelle orecchie, mentre ascoltava il canto ammaliatore delle sirene. Poi una di quelle incantevoli creature si avvicinò alla nave, tentando di salire a bordo.
“Aiutami, Ulisse, voglio raggiungerti” sussurrò. “Saprò raccontarti fiabe bellissime, che neppure immagini! Storie meravigliose, che superano ogni tua fantasia...”
Ma ancora una volta la voce della maestra riportò Senzatempo nel crudo mondo della realtà. “Perché tieni le braccia dietro la schiena, come se fossero legate?” urlò al limite della sua umana pazienza, svegliandolo. “Hai copiato dalla lavagna la definizione di superlativo assoluto?”
Prima che Senzatempo riuscisse ad evitarlo, l’arcigna docente gli strappò di mano il quaderno e lesse a tutta la classe: “Definizione di superlativo assoluto: ciò che va oltre ogni immaginazione”.
I compagni scoppiarono a ridere e Senzatempo si sentì un idiota. Ma questa orribile sensazione durò poco. Come suonò la campanella, entrò in aula l’insegnante di matematica e cominciò a spiegare le frazioni. “La mamma prepara una torta e la divide in sette porzioni...” La maestra disegnò un cerchio sulla lavagna e lo suddivise in spicchi.
Ed ecco apparire un mondo fatto di particolari, di dettagli straordinari e incredibili fantasie. Tebe dalle sette porte di colpo le spalancò tutte e dietro ciascuna si celava un sogno diverso. Cammelli e tappeti volanti uscivano e rientravano, da magiche lampade sgusciavano geni, affascinanti odalische danzavano leggere, passando da una soglia all’altra.
“Che meraviglia!” pensò Senzatempo, quand’ecco apparire una bellissima fata, con gli occhi ricolmi di lacrime.
“Perché piangi?” le chiese il bambino. “Le fate dovrebbero essere felici.”
“Le mie lacrime sono per te, che patisci così tanto. Non c’è dolore più grande che soffrire per le sventure di una persona che ami.”
“Non devi compatirmi” rispose Senzatempo. Si portò dinanzi alla cattedra, vi salì sopra e declamò, infangando con le scarpe il registro: “Cambierò la mia vita, ci riuscirò! Io vivrò per sempre nel tempo del Sogno!”
La maestra lo strattonò giù in malo modo.
“Ma dico? Ti ha dato di volta il cervello? Questa volta hai superato ogni limite! Ma ci penserò io a farti passare la voglia di interrompere la lezione con le tue buffonate! Oggi, per te niente ricreazione. Resterai in aula, tutto solo, a riflettere!”
Come suonò la campanella, gli altri bambini uscirono di corsa, gridando allegramente.
“Sei ancora convinto che il tuo idolo sia coraggioso?” domandò polemicamente Saputello a Mediocre.
Il ragazzino non rispose. Triste ammetterlo, ma forse si era sbagliato...
Senzatempo si sedette al suo posto, chiedendosi come mai non ne combinasse una giusta. Udiva le festanti voci dei compagni, che correvano spensierati in giardino, e i suoi occhi si spostarono istintivamente a fissare la finestra. Com’era incantevole il volo degli uccelli, sembrava una danza! Oh, cosa avrebbe dato per essere uno di loro e volare nel cielo senza nessun limite, oltre ogni confine!
Senza pensarci troppo, Senzatempo si alzò, prese i colori a tempera e disegnò sulle finestre il volo degli uccelli. Ma, mentre dipingeva, si accorse delle farfalle, dei fiori e degli alberi e così cercò di ritrarre anche la loro meravigliosa leggerezza: quanti colori, che incredibile varietà di forme!
Alla fine la finestra era un immenso affresco di tinte, dove arcobaleni, laghetti, insetti e piante giocavano, cambiando luce sotto i raggi del sole.
“Senzatempo, Senzatempo...” sentì sussurrare il bambino.
Si voltò, con gli occhi bassi, rendendosi conto solo allora di cosa aveva combinato. Ecco, adesso la maestra lo avrebbe sgridato, i compagni si sarebbero presi gioco della sua goffaggine... Che sensazione insopportabile! Silenzio, invece. Nessuno fiatava. Cosa stava succedendo? Prese coraggio e guardò: la maestra, i compagni e perfino le mosche erano a bocca aperta, ad ammirare l’incredibile gioco di colori e luci del suo disegno sulla finestra.
A Senzatempo parve che quel momento non finisse mai.
“Mi dispiace...” disse, per scusarsi. “Posso cancellare...”
Nessuno gli rispose. Come se le sue parole fossero state un sussurro impercettibile.
Poi Mediocre, senza parlare, prese dal suo banco il pennello e cominciò a disegnare il mare su un’altra finestra. E dopo di lui tutti i bambini seguirono il suo esempio, dipingendo su vetri dell’aula i meravigliosi universi che vivevano nei loro cuori: maghi dalle lunghe barbe bianche, principesse sontuosamente abbigliate, bizzarri animali, alberi con occhi e braccia, stelle sorridenti... L’atmosfera fiabesca che si respirava nell’aula ebbe il potere di trasformare la maestra in un’incantevole fata dagli occhi colmi di dolcezza. Levò la sua bacchetta magica e tramutò tutte le pareti in grandi finestre. Era incredibile: non c’erano più confini, nessun ostacolo impediva più di ammirare il mondo là fuori, che ormai era unicamente fantasia e libertà.
Come videro questo prodigio i bambini iniziarono a cantare felici e, per giorni e giorni, continuarono a mescolare musica e tempere, riempiendo le finestre con i colori dei loro inesauribili sogni.


Il resto, almeno in parte, potete intuirlo.
Ciò che ancora non sapete è come sia riuscito il nostro Virgilio Senzatempo ad aprire un'agenzia che propone davvero viaggi nell'irrealtà!
Ma questo verrà spiegato in uno dei prossimi libri della serie.
Pazientate, pazientate...

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