
venerdì 30 dicembre 2011
Riflessioni di fine anno
venerdì 24 giugno 2011
Agenzia Senzatempo - Viaggio irreale nella Scandinavia vichinga
Almeno in cartaceo e almeno per ora.
Tutto dipende da quanto venderemo, ahimè!
Quindi, rimboccatevi le mani e fate un po' di pubblicità, caspita!
Agenzia Senzatempo - Viaggio irreale nella Scandinavia vichinga si svolge nella fredda, gelida, Scandinavia medievale. Be', solo in parte, visto che Virgilio Senzatempo riuscirà a condurre la sua carrozza lungo il Ponte Arcobaleno, fino ai tetti dorati di Ásgarðr, dove i nostri impavidi viaggiatori vivranno avventure mozzafiato.
Come di consueto, una ricostruzione attenta e filologica del mito, ma soprattutto un romanzo di ampio respiro, ricco di colpi di scena.
Tra i protagonisti, anche Snorri Sturluson, autore dell'Edda e personaggio di particolare spicco nella Scandinavia medievale, anche se non sempre (anzi, quasi mai), per motivi eclatanti.
La profezia di una veggente, prima del viaggio, offrirà lo spunto per il susseguirsi degli eventi, a volte felici, altre molto meno, che condurranno i nostri verso una vera e propria corsa contro il destino e la sua apoteosi nel Ragnarök.
Rompini, in gran forma, interverrà di nuovo a modificare il corso della storia, dando consigli idioti a Snorri e trovandosi impelagato in una situazione senza speranza.
Latinis, tormentato dall'incubo della veggente, dalla faciloneria del signor Senzatempo e dalle minacce del dio Thor, suderà freddo fino all'ultimo.
Pur trovandosi a rischiare più degli altri, Sofia sarà la sola che...
No, se vi dico anche questo, poi non leggete più.
Un romanzo imperdibile, sia per gli appassionati, sia per chi non conosce affatto la materia.
Che aspettate?
Attendiamo un vostro spassionato parere!
lunedì 13 giugno 2011
Abbiamo sudato freddo, ma ce l'abbiamo fatta!
Momenti da cardiopalma. I tifosi sono abituati a cose simili, io assai meno. L'ultima volta che ho messo piede in uno stadio è stato almeno un secolo fa.
Le percentuali di votanti che salivano e poi il trionfo pieno lunedì.
Grazie, italiani. Grazie anche se avete votato contro Berlusconi solo per via della sua non limpida condotta morale.
Grazie lo stesso.
Ah, scusate... Molti non si sono accorti che questo era un referendum politico...
Ma come? Davvero?
Diciamola tutta: i quattro i quesiti del referendum andavano contro le idee, se così possiamo definirle, di Berlusconi.
E' ancora presidente del Consiglio o mi sono persa qualcosa?
Se è ancora presidente del Consiglio, va da sé che questo era un referendum politico.
Oppure qualcuno mi spieghi cosa si intende per "politica", come alternativa alla definizione del vocabolario: "Politica, teoria e pratica che hanno per oggetto l'organizzazione e il governo dello stato, insieme dei fini a cui tende uno stato e dei mezzi impiegati per raggiungerli".
Mi sembra chiaro, no?
Berlusconi diceva - per poi rimangiarsi tutto a esito finale del referendum - che in Italia va messo il nucleare. E questa è una scelta politica.
Diceva che l'acqua doveva essere privatizzata - in questo molto coerente, visto che da 17 anni ha privatizzato l'informazione.
E anche, ma è proprio qui che trema, che un parlamentare non può subire regolare processo, visto che è più uguale degli altri cittadini.
E' vero, questa non è politica. Questa è strumentalizzazione della politica.
Ma concediamoci una domanda: Cosa farà adesso, il buffone?
Lascio a chi vorrà intervenire la scelta di una risposta.
Propongo alcune possibilità:
1) Molto dignitosamente, si dimetterà e troverà rifugio in uno dei tanti paradisi fiscali in cui ha delle proprietà. Credo cha a Hammamet ci sia una casa libera e anche che da quelle parti siano accondiscendenti con chi invita minorenni a party di Bunga Bunga.
2) Tornerà alla carica assecondando le decisioni del referendum e farà sì che i suoi curatori di immagine lo rilancino e ripropongano come modello, così alla fine resterà col culo piantato dove ce l'ha. (Ecco, se ci riesce, mi trasferisco io, in un altro paese).
3) Si presenterà al processo e verrò rinchiuso, come è giusto che sia, in galera.
Lascio a voi dare risposte più intelligenti.
Solo due cose.
1) Che Berlusconi vada o meno in galera non mi interessa più. Ormai mi ha talmente stufato, che il solo sogno è vederlo fuori dalle palle, lui e le sue reti Fininvest che hanno inquinato la nostra salute ancor peggio di quanto avrebbero potuto fare le centrali nucleari.
2) i miei figli, ancora non in età per votare, hanno seguito gli esiti del referendum con ansia e estrema partecipazione, per poi esultare al sacrosanto finale.
C'è ancora speranza, intendo...
Grazie ancora!!!
venerdì 4 marzo 2011
Omaggio a Poul Anderson (1926 - 2001)
Articolo scritto il 15 agosto 2001, in occasione della scomparsa di Poul Anderson, scrittore da me particolarmente apprezzato e amato.
Amici, e anche Poul ci ha lasciato.
Ho voluto omaggiarlo rileggendomi Tau Zero (1970), perfetto esempio di come Poul Anderson riusciva a partire da premesse scientificamente ineccepibili per sviluppare trame di ardita profondità. Ed ecco la Leonore Christine, una nave stellare perfettamente plausibile, di quelle che oggi siamo abituati a vedere sui documentari televisivi. Dotata di un collettore Bussard, cattura nel corso del viaggio le particelle d'idrogeno presenti nello spazio e le usa come massa di reazione, accelerando fino a una buona percentuale della velocità della luce. Ma il genio di Poul sta nel partire da questo assunto e trascinarlo là fino alle sue più estreme conseguenze. Perché, per un guasto, la Leonore Christine non può fare a meno di accelerare sempre di più, portando la sua velocità a valori sempre più vicini a c. Così, quello che doveva essere un viaggio verso una vicina stella, si trasforma in una cavalcata attraverso distanze intergalattiche, e mentre spazi e tempi si dilatano esponenzialmente, i personaggi vengono trascinati (e con essi il lettore) dentro profondità inconcepibili. La visione che Anderson aveva della realtà era essenzialmente la stessa che potrebbe avere un fisico o un cosmologo, ma in più conteneva il guizzo della poesia. Nello sconsolato abisso di materia che è l'universo, è compito degli occhi umani scorgervi la scintilla della trascendenza.
E potrei continuare a lungo, ricordando racconto dopo racconto, romanzo dopo romanzo, in una serie di trame e personaggi indimenticabili. Le storie di Anderson, per un motivo o per l'altro, meritano tutte di essere ricordate, anche quando si tratta (almeno all'apparenza) di romanzi di pura evasione. I suoi racconti meno riusciti rimangono un traguardo irraggiungibile per moltissimi altri autori!
In più Poul Anderson aveva una rara capacità di ritrarre i sentimenti e le profondità dell'animo umano.
Senz'altro la civiltà del ventesimo secolo è lontana dalla grazia dell'Umanesimo, ma ha ancora molta strada da percorrere prima di toccare quel fondo che, Dio non voglia, potrebbe anche essere la norma, nella storia.
Dominic Flandry, l'eroe forse più tipicamente andersoniano, è un agente segreto del decadente impero terrestre, che domina su una sfera di duecento anni-luce. Gli anni in cui Flandy vive sono quelli che vedono il passaggio tra la fase del principato e quella del dominio: l'impero sta perdendo la sua legittimità, l'ordine sta virando verso la tirannia. Flandry sa perfettamente che l'impero è condannato: un giorno non lontano crollerà e nessuno potrà impedirlo, e insieme all'impero cadrà la civiltà e seguirà la Lunga Notte delle barbarie. Questa consapevolezza si traduce nel personaggio di Flandry in una spiccata indulgenza verso i piaceri della decadenza. Ma al di sotto della maschera di cinismo, Flandry è un idealista. Egli non lotta per salvare l'impero ma per preservare la civiltà quanto più a lungo possibile. Nei vari racconti del ciclo, Flandry agisce, seduce, tradisce e uccide, compiendo i peggiori misfatti per il più nobile degli ideali: ritardare l'inevitabile crollo della civiltà e allontanare il calare delle tenebre. Ma insieme egli deve fare i conti con la propria coscienza, vendendo la sua anima pezzo per pezzo.
Com'è noto, tempo fa Anderson scrisse una petizione affinché gli Stati Uniti proseguissero la guerra nel Vietnam finché tutti gli obiettivi militari non fossero stati raggiunti. Una presa di posizione fin troppo discutibile, ma comprensibile alla luce di quanto abbiamo detto riguardo all'idealismo andersoniano. Egli stesso, persona mite e riservata, non si è mai difeso dall'accusa (se accusa si tratta) di simpatizzare con la destra: tutto ciò che rispondeva era di andare a vedere qual era la realtà contro cui polemizzava. In realtà, da buon "conservatore libertario" (la definizione era sua), Anderson respingeva un po' tutte le ideologie in quanto tali, proprio perché vedeva in esse modelli cristallizzati di pensiero e per questo incapaci di una vera evoluzione.
Il romanzo Orion risorgerà si colloca dopo questa fase, e descrive la resistenza dei popoli europei e americani contro il dominio mondiale dei Maurai. Alla fine del romanzo la protagonista lancia un appello accorato:
Uomini e donne di tutte le nazioni, di tutte le razze e condizioni, vi lascerete ancora a lungo manipolare? Quando andrete finalmente a dire ai vostri governanti basta? Quando andrete finalmente ad esigere il diritto di gestire le vostre vite?
L'impero è senz'altro preferibile alla Lunga Notte, ma Anderson non ha mai suggerito l'ideale di rimanere aggrappati a qualcosa escludendo il cambiamento. Infatti, alla fine, quando le cose diventano insostenibili, è preferibile raccogliere il proprio coraggio e passare oltre. La Lunga Notte spazzerà via l'impero terrestre, ma dopo cinquemila anni di barbarie si aprirà un nuovo ciclo storico: la Commonalty, che Anderson sfiora solo di sfuggita in un unico splendido racconto, Nebbia di Stelle.
Sì, noi Maurai tendiamo a una fine. Morire è doloroso. Tuttavia i nostri predecessori sono stati saggi, nei loro limiti, a rappresentare Nan coeguale a Lesu. Una cosa che durasse per sempre sarebbe stata intollerabile. La morte apre una via.
Anche il protagonista di Orfeo Secondo, in un diverso contesto, annuncia un cambiamento epocale che metterà fine al vecchio sistema ormai inutile. E quando gli chiedono del caos che avrebbe inevitabilmente prodotto, risponde:
Anche quello è necessario. Non saremmo uomini senza la libertà di conoscere la sofferenza. E nella libertà c'è l'illuminazione. Così potremmo andare aldilà di noi stessi, aldilà della Terra e delle stelle, dello spazio e del tempo, fino al Mistero.
La violenza, per Anderson, o la guerra, se vogliamo, non è mai giusta, né è mai la scelta preferibile, ma può essere necessaria. Nel recente Meraviglia del mondo, il protagonista Manse Everard ha il coraggio di dire:
Sai che cosa c'è di osceno nella violenza che si vede al cinema e in televisione di questi tempi? I produttori ne ignorano il vero significato. Forse sono troppo stupidi, forse non hanno il fegato per immaginarlo. Ma a ogni omicidio è una vita, una mente, un intero mondo di conoscenze e di consapevolezza che viene spazzato via, per sempre.
Ma subito dopo Everard aggiunge:
Nonostante questo, avevo già ucciso prima d'ora, e probabilmente lo farò di nuovo.
Al perfetto contrario di tanti film televisivi in cui ci càpita di assistere, con attutita indifferenza, a una pioggia di morti ammazzati, Anderson è capace di farci commuovere per la sorte del singolo soldato. Il tempo del fuoco è un romanzo ambientato su un pianeta lontano, devastato da una terribile siccità: orde di barbari calano dal nord e i legionari sono chiamati a respingerli per proteggere la civiltà. L'autore tratta con uguale partecipazione il punto di vista dei barbari e quello dei difensori. La battaglia finale è descritta con realismo devastante: il capo dei barbari piange i figli caduti sul campo, mentre il generale dei legionari cade trafitto da una freccia e la realtà si fonde al suo sogno di morte: i soldati caduti di entrambi gli eserciti si rialzano, si uniscono e marciano insieme, cantando, verso il regno dei morti.
La virtù dell'eroe andersoniano è il coraggio di sacrificarsi per i propri ideali. Il prezzo può essere la vita, ma ancora di più, la propria anima. Nel racconto Pianeta fratello (1959), un'astronave scende su Venere, dove un popolo di esseri simili a delfini ha innalzato una civiltà protesa verso l'arte e la contemplazione. Ma Venere presenta anche inusitate risorse pronte ad essere sfruttate, e il protagonista si rende conto che prima o poi gli uomini arriveranno in massa su quel giovane pianeta e lo deprederanno per impossessarsi delle sue ricchezze. Così fa fallire la spedizione uccidendo i suoi compagni, dopodiché bombarda la splendida capitale dei Venusiani per istillare in quel popolo gentile l'eterno sospetto nei confronti dell'uomo. Le ultime parole del protagonista, prima di suicidarsi, sono:
Ti prego, Dio, esisti: crea un inferno per me.
Anderson non ha mai creduto al premio o al castigo ultraterreni: per lui la dannazione è un inferno etico, il doversi confrontare con la coscienza delle proprie scelte. Il fine giustifica i mezzi ma non ci alleggerisce dalla responsabilità di averli adottati.
Il tema del tradimento è costante in Poul, spesso compiuto per ideali condivisibili, come in Pianeta fratello, ma talora inconsapevolmente o per leggerezza, come Sir Rupert che abbandona la giovane Kathrin in Tempesta di mezza estate. Nel caso di Flandry, i suoi numerosi tradimenti avranno immani ripercussioni sul futuro dell'impero. Nella sua prima impresa spionistica, egli sventa il piano dei Merseiani di distruggere l'intera marina spaziale terrestre (e incidentalmente anche la promettente civiltà del pianeta Starkad), seducendo e quindi tradendo una giovane cortigiana, Persis d'Io, i cui sentimenti vengono calpestati da Flandry con giovanile disinvoltura.
Questa sua prima vittoria gli sarebbe tuttavia costata, molti anni più tardi, tutte le sue possibilità di essere felice. Il figlio avuto da Persis lo tradisce a sua volta in Cavaliere di spettri e d'ombre. Flandry viene raggirato attraverso Kossara, la giovane donna in cui egli aveva riposto le sue ultime speranze di una vita piena ed integra. Kossara muore, pedina inconsapevole di un gioco tanto più grande di lei, e Flandry è costretto a uccidere suo figlio per la salvezza dell'impero.
L'esistenza per Anderson è, per citare le parole di Sandra Miesel,
...uno schema senza nessuna meta trascendente, una candela nel buio, condannata ma bella.
L'unica risposta corretta, davanti all'inevitabile trionfo dell'entropia, è combattere quanto meglio e con più coraggio possibile. È lo stesso atteggiamento degli dèi nordici dinanzi al Ragnarök: essi sanno che quel giorno cadranno combattendo contro i giganti e che quel giorno il mondo finirà, ma non possono opporsi. L'unica cosa che possono fare è affrontare il loro destino con coraggio e a testa alta.
Così dice Flandry nella Bestia delle stelle. Ma più dolcemente, alla fine di una lunga conversazione sugli implacabili meccanismi che decretano il declino delle civiltà, Carelo Keajimu blandisce il pensieroso Havig:
Ma tu, povero vagabondo, devi pensare oltre il prossimo secolo. Su, per questa sera prova a conoscere la pace. Osserva le stelle che avanzano, aspira l'incenso, ascolta l'uccello che canta, sii tutt'uno col mondo.
Poul Anderson è rimasto lucido e cosciente fino alla fine, ascoltando i messaggi che i suoi colleghi scrittori, i suoi ammiratori e migliaia di lettori gli mandavano attraverso la rete. È morto sapendo quant'era apprezzato e amato.
Dieci anni fa terminai questo articolo con un patetico "Addio, Poul". Oggi posso permettermi di essere più lieve:
Arrivederci nei tuoi libri, Poul... o alla Taverna della Fenice.
La fotografia di Poul Anderson è di Roberto Quaglia (1999).
domenica 6 febbraio 2011
Nel segno del martello
È un vecchio clichè a cui io stesso ho più volte aderito, quando cercavo di definire i due generi a colpi d'accetta.
La realtà tuttavia è assai più sfumata e spesso la maggior parte degli autori, dell'uno o dell'altro genere, non si lascia collocare così facilmente in un campo o nell'altro.
Infatti, Poul Anderson è uno scrittore di fantascienza, ma è di destra. E Michael Moorcock è un scrittore fantasy, ma è di sinistra.
Il suo autore, Giacomo Scalfari, che è dottore in lettere classiche, riesce a coniugare l'impegno politico con l'amore per la mitologia norrena e, non per nulla, si definisce RomantiComunista. E se credete che Scalfari avverta questa sua convergenza di passioni come contraddittoria, allora non avete capito nulla di lui.
Se volete conoscerlo meglio, potete andare al suo blog, La scarpa di Víðarr.
E teatro di questo dramma non è un qualche remoto mondo fantasy, ma la città di Bologna, la cui topografia – con le dodici porte, l'intreccio di vie, le chiese, le torri – assume aspetti cosmologici, collegando tra loro (e dunque con noi) i Nove Mondi del mito norreno.
Le forze del male assumono, in questa versione bolognese del Crepuscolo degli Dèi, i volti sinistri dei Poteri Forti che da sempre controllano la nostra politica e la nostra economia. Chiedersi se dietro l'Uomo con i Soldi, l'Uomo della Mafia o l'Uomo del Vaticano vi siano dei personaggi precisi è fuorviante: il romanzo di Scalfari non fa facile satira. Essi sono, e giustamente, dei puri archetipi, personaggi altrettanto mitologici delle divinità norrene.
Ma questo Ragnarök ha anche una data precisa, e a svelarla sarà la Völva, la mitica veggente, la quale chiede l'elemosina sotto i portici di Via del Carro: il 24 marzo del '94, giorno del comizio elettorale di Gianfranco Fini. E per vincere, Karlo dovrà riuscire davvero a mettere, e in senso non metaforico ma letterale, l'immaginazione al potere.
€ 15.00
lunedì 24 gennaio 2011
Se Kant fosse ancora vivo...
Ora, resta da valutare quanto e come un protozoo può essere stato significativo per il nostro presente.
Il protozoo è una classe di interessantissime creature unicellulari, quali l'ameba e il paramecio. Questo nome − come coloro che conoscono il greco sanno − significa "primo animale".
Al momento noi ci troviamo a confronto con il risultato di una lunga catena evolutiva.
E Berlusconi è l'ultimo animale che questa catena ha prodotto.
Ultimo nel senso del più infimo.
Ma questo è quel che penso io, non voglio condizionarvi.
Anzi, per dimostrare la mia larghezza di vedute, vi propongo un gioco.
Un tantino difficile, ma ne vale la pena.
Vi propongo il link a un interessante articolo di Davide Giacalone, pubblicato nel Fan Club di Silvio:
TRE PROBLEMI DI ETICA
Se avrete il fegato di andare a leggerlo, potrete fare un esercizio mentale non da poco.
Poi, dopo aver pensato prima di parlare, cosa che il nostro presidente del consiglio scorda amabilmente di fare praticamente sempre, provate a cogliere le contraddizioni insite nell'articolo, all'apparenza tanto logico e sensato.
Vi assicuro che, se solo vi sforzate due minuti, le troverete tutte. E se per caso state divertendovi in altro modo (ma non scadetemi nel bunga bunga), sono ben pronta a spiegarvele una ad una!
E Kant? vi chiederete.
Oh, solo un suggerimento per capire come uscire da quell'articolo. Kant sosteneva che c'è una sola legge morale: mai trattare le persone come mezzi, ma sempre come fini.
Non nel senso di Fini politico. Nel senso di rispettarle ed avere, nei loro confronti, un senso di "amore" e "condivisione" che dovrebbe sorgere spontaneo tra appartenenti allo stesso pianeta.
Kant, se fosse ancora vivo, andrebbe da Berlusconi e lo mangerebbe vivo. A parole. Ma le parole sono la trappola con cui Berlusconi ci sta infinocchiando.
Da troppo tempo. Vi prego, non credetegli più!
Ho detto tutto, ho detto troppo.
Non siate struzzi e scrivete quel che pensate!